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Lei
è un manager in abito talare con la responsabilità di coordinare oltre 200
ospedali religiosi su tutto il territorio italiano. Che differenza c’è tra
un ospedale pubblico e uno religioso?
«Un recente censimento
svolto dalla Pontificia Commissione per le
Attività del Settore Sanitario delle Persone Giuridiche Pubbliche della Chiesa,
di cui sono Coordinatore, ha
evidenziato che l’attività sanitaria della Chiesa in Italia
conta 350 strutture, suddivise in 228 territoriali (RSA; RSD; Centri diurni;
ambulatori; hospice; ecc.); 64 di ricovero (ospedali classificati; case di
cura; istituti di ricerca; policlinici; ecc.) e 58 centri di riabilitazione, a
cui vanno sommate altre realtà con diverso profilo giuridico, ma ugualmente
ispirate cristianamente e partecipi della missione della Chiesa. Va sempre
ricordato infatti che la ragione fondamentale della presenza della Chiesa in
ambito sanitario è intrinsecamente legata alla missione che il Signore Gesù le
ha affidato, e cioè annunciare il Vangelo attraverso una testimonianza
misericordiosa verso malati e sofferenti. Nel complesso parliamo di circa il 7%
della attività sanitaria del Paese. I promotori di questa attività sono 45
Istituti Religiosi maschili e femminili e 35 Diocesi.